Viaggio a Papua Ovest. La Valle del Baliem

Ciao, riprende oggi il racconto del nostro viaggio a Papua Ovest. Stavolta la protagonista è la maestosa Valle del Baliem, un luogo selvaggio e a tratti ancestrale, isolato al resto del mondo fino al 1938, anno in cui venne scoperto per caso a seguito di una perlustrazione aerea. Il leggendario fiume Baliem, dal quale la valle prende il nome, attraversa il centro-ovest di Papua tra i monti Jayawijaya, e le sue sponde, dure e selvagge, sono popolate da varie etnie, che si dedicano principalmente alla coltivazione della patata dolce e vivono per lo più in capanne di legno e paglia, servendosi del fuoco per scaldarsi e cucinare e dell’acqua piovana per dissetarsi e lavare.

Abbiamo effettuato quattro giorni di trekking in questa valle, camminando sulle sponde dei fiumi Baliem e Mugi (affluente del Baliem), partendo da Wamena e attraversando i villaggi di Kurima, Seima, Ikenem, Ugem, Hitugi, Yuarima, Sykama, Sesep, Syokosimo e Wesangma, per poi far ritorno a Kurima e a Wamena. Anche se consigliato dai principali libri turistici non ci siamo affidati ad una guida locale, in quanto costosa e (ho sperato) non necessaria, almeno per quanto riguarda il nostro itinerario, che ha toccato zone non estremamente remote. Il percorso, infatti, è spesso uno solo e in caso di disorientamento è possibile chiedere alle persone del luogo, che, salvo per quanto riguarda alcune zone della sponda sud del Mugi e del tratto Wesangma-Kurima, si incontrano piuttosto frequentemente lungo il tragitto, oppure affidandosi a mappe off-line come la eccellente applicazione “MAPS.ME” (https://maps.me/), da noi utilizzata. La problematica più grossa dei quattro giorni, oltre ad alcuni tratti estremamente stretti, sconnessi, scivolosi e dunque molto pericolosi, è la scarsità d’acqua potabile e di cibo presenti nella zona. O meglio, l’acqua è presente in abbondanza nei fiumi e nei torrenti ma, benché sia limpida e incontaminata, si tratta pur sempre di un luogo remoto, dunque per non correre rischi ci siamo serviti di una pompa che preleva l’acqua e allo stesso tempo la purifica tramite un filtro di ceramica apposito. L’oggetto (che trovate qui https://www.msrgear.com/miniworks-ex-microfilter) ha funzionato a meraviglia e si è rivelato molto utile. L’abbiamo acquistato a Milano in un negozio specializzato in articoli da montagna. Nei villaggi, comunque, è possibile far bollire dell’acqua piovana e con questa riempire le proprie borracce, anche se si tratta di un procedimento più lungo e macchinoso (c’è da dire che di tempo ce n’è in abbondanza in questi luoghi). Per quanto riguarda il cibo, col senno di poi avremmo riempito maggiormente gli zaini di noodle disidratati e qualche mango in più. In questa Valle l’unica cosa certa sono le patate dolci. Talvolta si trovano dei biscotti e non ci sono alternative, se non nei villaggi in prossimità di Kurima, dove abbiamo trovato anche riso e verdure cotte. Riguardo le popolazioni incontrate, non ci siamo imbattuti in archi e frecce o costumi tradizionali appariscenti (per questo è necessario addentrarsi nella valle, tramite spedizioni di una o più settimane); solo i personaggi più anziani, infatti, si distanziano (anche se non del tutto, a volte) dal ricorso al capo di abbigliamento occidentale, che ormai appartiene alla quotidianità di giovani e senior. Abbiamo comunque avuto modo di assaporare pillole di tradizione locale e godere di alcuni entusiasmanti paesaggi, nonché di vivere (con fatica!) quattro giorni con l’essenziale, rallentando al ritmo delle famiglie che ci hanno accolto e dato riparo in questa terra.

Dalle Raja Ampat a Wamena. Dopo aver lasciato (a malincuore) le Raja Ampat ci dirigiamo verso l’aeroporto di Sorong, dove ci aspettano due brevi voli per raggiungere Wamena, città di 10000 abitanti nel cuore della Valle del Baliem. Il nostro trekking partirà da lì. Dopo aver fatto scalo a Jayapura, tra un ritardo e l’altro arriviamo al minuscolo aeroporto di Wamena.

Il paesaggio che circonda l’aeroporto di Wamena, Papua Ovest (2018). Nikon D800 – Tamron SP 70-300mm f/4-5.6 Di VC USD. Mano libera. 102mm – 1/1000 – F/11 – ISO 100.

Il territorio mostra subito i muscoli, come a volerci dire che qui la natura la fa da padrona. Noi incassiamo e tentiamo di pensare a cosa possa attenderci. Data l’altitudine del luogo, la temperatura è favolosa, intorno ai 20 gradi, e l’umidità non è assillante. Una volta fuori dall’aeroporto dobbiamo pensare subito a due cose: trovare un hotel e procurarci uno “surat jalan”. Lo surat jalan è una specie di visto che ti permette di accedere ai villaggi più o meno remoti della Valle del Baliem. E’ ottenibile presso la stazione di Polizia di Wamena, e noi ci mettiamo subito a cercarla. Wamena è una città contornata da colli selvaggi e con pochi problemi di spazio, dunque è distesa, con ampie e lunghe vie ed ogni casa possiede un grande giardino. La gente, come ci aspettavamo, ci osserva ed è piuttosto accogliente. La cosa che balza subito all’occhio è un edificio alto almeno 50 metri a forma di crocifisso che domina il centro della città. Questi popoli videro arrivare i primi missionari cristiani successivamente alla seconda guerra mondiale. Comunque sia, tale struttura contrasta in modo spiccato con la semplicità e la povertà di tutto ciò che le sta intorno. Affidandoci alle indicazioni di qualche passante, a metà pomeriggio arriviamo alla stazione di Polizia. Qui ci accolgono dei militari, gentili, al quale spieghiamo la nostra necessità. L’inglese è in generale poco parlato, ricorriamo dunque al nostro micro vocabolario bahasa-italiano per farci comprendere. Attendiamo di venire accolti per i nostri visti in un piccolo ufficio, in compagnia di un ufficiale in borghese, il quale con generosità ci offre quattro lattine di “Sprite” (sì, la gassosa), prelevate da una delle due casse sotto la sua scrivania. L’altra è di Coca-Cola. Arrivato il nostro turno consegniamo ad un altro ufficiale le nostre foto tessere e una copia dei rispettivi passaporti. Pochi minuti (e gratuitamente) e i surat jalan sono pronti. Ora abbiamo tutto il necessario per iniziare il trekking.

Usciti dagli uffici ci dirigiamo all’esterno per tornare in strada e, nel grande prato al centro del perimetro della stazione di Polizia, vediamo un folto gruppo di persone vestite di bianco che si muove all’unisono. Ci avviciniamo e ci accorgiamo che sono ragazzi e ragazzini che stanno seguendo il maestro di Karate, cercando di emularne le gesta. Il momento è assai divertente in un contorno inusuale. Rimaniamo un po’ ad osservarli e approfitto per scattare loro qualche fotografia.

Scuola di karate alla stazione di Polizia di Wamena, Papua Ovest (2018). Nikon D800 – Nikon AF-S 14-24mm F/2.8 D EG. Mano libera. 14mm – 1/750sec – F/9.5 – ISO100.
Scuola di karate alla stazione di Polizia di Wamena, Papua Ovest (2018)\2. Nikon D800 – Nikon AF-S 14-24mm F/2.8 D EG. Mano libera. 24mm – 1/750sec – F/9.5 – ISO100.
Scuola di karate alla stazione di Polizia di Wamena, Papua Ovest (2018)\3. Nikon D800 – Nikon AF-S 14-24mm F/2.8 D EG. Mano libera. 24mm – 1/750sec – F/9.5 – ISO100.
Scuola di karate alla stazione di Polizia di Wamena, Papua Ovest (2018)\4. Nikon D800 – Nikon AF-S 14-24mm F/2.8 D EG. Mano libera. 24mm – 1/500sec – F/9.5 – ISO100.

Quest’ultimo è il sosia di Denzel Washington.

Trascorriamo la notte in un lurido (e costoso) hotel di Wamena, dove i capelli nel riso saltato a colazione sono parte integrante degli ingredienti, e ci accordiamo con i proprietari rispetto alla possibilità di lasciare in reception i bagagli che non ci serviranno durante la camminata, allo scopo di alleggerirci un poco. Loro accettano, a patto che al ritorno trascorreremo un’altra notte da loro. Affare fatto… A proposito di vestiario, ieri sera abbiamo acquistato al mercato un un paio di pantaloni impermeabili ciascuno, dato che il tempo da quando siamo arrivati non promette bene. Li abbiamo trovati, quasi dimenticati, sul retro di uno dei numerosi negozi di vestiti presenti. Marca “Jack Wolfskin”, li paghiamo 15 euro (!), contro i quasi 100 del prezzo medio occidentale. Al mercato abbiamo inoltre notato che i papuani (molti provengono dai villaggi circostanti) vendono frutta e verdura sui marciapiedi e i negozi sono di proprietà degli indonesiani (non papuani). Insomma i papuani qui sono i poveri.

Lasciamo l’hotel per raggiungere Kurima, villaggio a 30 km a sud di Wamena e base di partenza per il nostro trekking. Il motivo è che a Kurima è presente un enorme ponte sospeso che permette di raggiungere la sponda est (la più interessante a quanto pare) del Baliem ed è l’unica possibilità di attraversare il fiume in maniera sicura in questa zona. Contiamo di trovare un bemo (furgoncino pubblico con posti a sedere) che ci porti lì al bazar a sud della città, ma ci sfugge una cosa: è domenica. Ci rendiamo conto che è tutto chiuso, fermo, compreso i mezzi pubblici. Chiediamo informazioni ad un tizio facente parte della folla che sta uscendo da una chiesa dopo la messa. Lui gentilmente ci consiglia di chiedere un passaggio a qualcuno con uno scooter. Così facciamo. Ci dirigiamo al bazar e ingaggiamo a pochi euro due ragazzi per coprire i 30 chilometri che ci separano da Kurima.

Sosta carburante poco prima di lasciare Wamena, Papua Ovest (2018). Nikon D800 – Nikon AF-S 14-24mm F/2.8 D EG. Mano libera. 14mm – 1/250sec – F/11 – ISO100.

Il percorso costeggia il Baliem ad ovest e attraversa bei villaggi di grandi case colorate immerse nel verde. Il paesaggio collinare circostante è meraviglioso. La strada, a parte un paio di ponti costruiti con tronchi di legno, è per lo più asfaltata e i due ragazzi sfrecciano a tutta velocità con i loro motorini. In prossimità di Kurima l’asfalto lascia il posto allo sterrato, che lascia poi il posto allo sterrato sconnesso, che a sua volta lascia spazio allo sterrato con buche enormi; il tutto si conclude con un bel fiume a corrente molto mossa che ci taglia la strada, sul quale probabilmente una volta sorgeva un ponte. Se vogliamo raggiungere Kurima dobbiamo attraversarlo, non c’è alternativa. I ragazzi ci mostrano come farlo con una facilità imbarazzante, di fatto correndo a piedi nudi sulle rocce tra le rapide. Gli facciamo capire che sarebbe un suicidio per le nostre capacità e ci sforziamo per cercare un percorso più sicuro. Lo troviamo piuttosto rapidamente e con un po’ di coraggio e il loro aiuto (ci tengono le scarpe e qualche oggetto) lo attraversiamo. Arrivati sull’altra sponda salutiamo i due giovani, che, impossibilitati ad attraversare il fiume con gli scooter, ritornano a Wamena. Noi ci ritroviamo soli, appiedati, con un fiume alle spalle e a qualche chilometro di distanza da Kurima. Ci incamminiamo e, dopo una salita scivolosa composta interamente di fango, la strada ritorna normale e comoda e ciò ci tranquillizza. Non incontriamo nessuno, a parte qualche cane e qualche maiale, fino alle porte di Kurima, dove ci accolgono loro:

Primo incontro a Kurima, Valle del Baliem, Papua Ovest (2018). Nikon D800 – Nikon AF-S 14-24mm F/2.8 D EG – filtro GND 6.6″x 8.6″ SE 0.9 Fotodiox. Mano libera. 16mm – 1/2000sec – F/11 – ISO100.

Non appena ci vedono scendono dal colle e camminano velocemente verso di noi. Dalla foto si può vedere che il più anziano, oltre ad essere nudo ma con l’ombrello, indossa il tradizionale astuccio penico (una specie di zucchina essiccata) sul pene. Inizialmente lo scatto non doveva comprendere anche loro, ma notiamo che si mettono ad unisono in questa posa fredda e composta allo scopo di farsi fotografare. Io lo faccio, in quanto sono interessanti e arricchiscono la foto. Il perché di tanto interesse ci viene svelato poco dopo, quando iniziano a gesticolare facendoci capire che vogliono soldi per aver posato (nonostante nessuno glie l’abbia chiesto!). Io, sempre gesticolando, gli faccio capire che mi rifiuto, Chiara invece è più propensa per il sì, in quanto siamo ospiti in un luogo sconosciuto e non sappiamo come possa reagire questa gente. In conclusione consegno loro 20000 rupie indonesiane (poco più di un euro) da spartirsi. La loro reazione non è delle migliori; vorrebbero di più. Noi ci rifiutiamo e ci allontaniamo, loro, un poco alterati, ci seguono tenendo più o meno il nostro stesso passo. Per il rimanente chilometro che ci separa dal villaggio ci guardiamo più volte alle spalle per il timore di ricevere un’ombrellata in testa, in realtà, giunti a Kurima noi entriamo in un negozio per rifornirci di alimenti mentre loro proseguono dritto.

Successivamente, dopo aver chiacchierato con i giovani ufficiali della stazione di Polizia alla periferia del Villaggio e aver mostrato loro i nostri surat jalan, attraversiamo l’enorme ponte sospeso sul Baliem (la portata e la velocità dell’acqua di questo fiume, viste da qui, sono impressionanti), approdando sull’altra sponda. Da qui, dopo una salita spezza gambe di circa venti minuti, arriviamo a Seima. Durante la salita incontriamo donne che trasportano patate dolci in grosse sacche sostenute con la sola fronte e bambini, avvisati dalle stesse donne riguardo la nostra presenza. Queste ci salutano sorridendo, i bambini alternano curiosità a spavento (uno piange disperato, inconsolabile persino dalla madre). A Seima, un grande villaggio densamente popolato, chiediamo le prime indicazioni riguardo la direzione da seguire. Il nostro obiettivo è arrivare a Ugem (si pronuncia “Ughem “)prima del tramonto, dove sappiamo della presenza di una homestay. Alcuni abitanti ci indicano la via, un giovane papuano albino (bianco come un britannico) ci accompagna fino alle ultima mura di sassi che delimitano i campi nei dintorni del villaggio, attraversabili tramite fatiscenti scalette di legno. Probabilmente queste mura servono a proteggere le coltivazioni dai numerosi e spavaldi maiali neri, lasciati liberi di cibarsi nella valle. Durante il tragitto, piuttosto faticoso, incontriamo varie persone in entrambi i sensi di marcia, tutte rigorosamente a piedi nudi. Già, qui non esistono le scarpe. Alcune hanno il nostro medesimo obiettivo e ci fanno compagnia nel cammino. Il meteo è a dir poco variabile, tant’è che indossiamo (per la pioggia) e togliamo (per il caldo) l’impermeabile più e più volte. Il percorso (si tratta di sentieri che collegano Villaggi e campi tra loro) è anch’esso variabile: a tratti ampio e sassoso, a tratti tanto stretto che entrambi i piedi non ci passano, a tratti tanto fangoso da sprofondare. A volte si interrompe bruscamente, costringendoci a passare su roccia bagnata, tanto scivolosa quanto pericolosa, per poi riprendere qualche decina di metri più avanti. Inoltre, il lato che dà sul fiume è spesso caratterizzato da uno strapiombo.

Durante il tragitto Seima- Ugem, Valle del Baliem, Papua Ovest (2018). Nikon D800 – Tamron SP 70-300mm f/4-5.6 Di VC USD. Mano libera. 210mm – 1/750 – F/11 – ISO 100.

Nel tardo pomeriggio arriviamo stremati ad Ugem. Appena in tempo, in quanto sta iniziando a piovere seriamente e stavolta non pare voglia fermarsi. Un paio di chilometri fa abbiamo incontrato un bambino che ci ha fatto compagnia fino a qui, indicandoci la strada precisa per la homestay. Scopriamo essere figlio del proprietario della casa dove dormiremo, un uomo di nome Simons, che ci raggiunge poco dopo il nostro arrivo. Simons ci accoglie meravigliosamente ed è simpaticissimo. Come per il resto della popolazione non riusciamo a determinarne l’età. Dopo averci mostrato la nostra stanza (un quadrato di due metri per lato con due stuoie per terra sovrastate da una zanzariera) e aver posato i bagagli, ci intratteniamo un po’ con lui, che nel frattempo è così gentile da scaldarci un po’ d’acqua per i nostri noodle disidratati. Dopodiché ci indica le foto di famiglia appese alle pareti di legno e cerca di spiegarci qualcosa del suo albero genealogico, poi ci mostra e ci fa partecipi del suo albo “presenze”, un grosso libro che racchiude informazioni e firme di tutti i viaggiatori che hanno soggiornato presso di lui. Ne contiamo più di 600 negli ultimi dieci anni. Qui sembra di stare in una piccola baita di montagna, per via del soffitto basso, la presenza del legno e la struttura dalle caratteristiche forme occidentali. Le tradizionali capanne, invece, si intravedono appena al di fuori e vengono utilizzate per cucinare, mangiare e per ospitare alcuni momenti conviviali. Tramite il mio tablet faccio vedere a Simons qualche foto e video delle Raja Ampat, di qualche giorno prima, lui ammira con stupore facendo un verso simile ad un ululato ogni volta che qualcosa lo sorprende. “Auuuuuu Raja Ampat! Auuuuuu”. Ci rammarica un po’ che questa gente probabilmente non vedrà mai quei posti, nemmeno troppo lontani, ed è curioso che sia io a mostrarglieli. Poco dopo è Simons a farci vedere una cosa. Approfittando di una pausa della pioggia usciamo con lui ed una delle sue figlie, la più piccola, ed entriamo in una grossa struttura dalle pareti di legno e pietra con il tetto in lamiera, ancora in fase di completamento, posta in posizione sopraelevata rispetto al resto delle abitazioni. Ci fa sapere che diventerà un hotel con tre o quattro stanze per i viaggiatori, che come noi, passeranno di lì. Al termine del “mini tour” Simons posa orgoglioso col figlio di fronte al suo futuro hotel, adornato di oggetti tradizionali.

Simons indossa un cappello di piume e un lungo corno tra le narici, Ugem, Valle del Baliem, Papua Ovest (2018). Nikon D800 – Nikon AF-S 14-24mm F/2.8 D EG. Mano libera. 24mm – 1/60sec – F/4.8 – ISO200.
Simons e la figlia si mettono in posa di fronte a quello che sarà il loro nuovo hotel ad Ugem, Valle del Baliem, Papua Ovest (2018). Nikon D800 – Nikon AF-S 14-24mm F/2.8 D EG. Mano libera. 24mm – 1/350sec – F/4.8 – ISO200.
Simons e la figlia si rimettono in posa dopo essersi scambiati gli ornamenti, di fronte a quello che sarà il loro nuovo hotel ad Ugem, Valle del Baliem, Papua Ovest (2018). Nikon D800 – Nikon AF-S 14-24mm F/2.8 D EG. Mano libera. 22mm – 1/350sec – F/4.8 – ISO200.

Prima di cena approfittiamo per esplorare il piccolo villaggio e ci scaldiamo, sorseggiando un caffè solubile, in una delle due capanne presenti insieme ad alcuni dei giovani abitanti del posto.

Alcuni dei giovani abitanti del villaggio di Ugem, Valle del Baliem, Papua Ovest (2018). Nikon D800 – Nikon AF-S 14-24mm F/2.8 D EG. Mano libera. 15mm – 1/45sec – F/2.8 – ISO5000.

Successivamente veniamo invitati ad entrare nell’altra capanna, dove anche qui bolle dell’acqua sul fuoco in una grossa pentola. Le fiamme sono create e gestite in una buca nel terreno poco profonda al centro della stanza. La moglie di Simons sta cucinando del riso (raro da queste parti!) e ci aspettano anche delle verdure cotte. Mentre attendiamo il pasto seduti sulla paglia che copre il pavimento, tentiamo di scambiare qualche parola in Bahasa indonesiano (servendoci del nostro piccolo dizionario) con le persone che di volta in volta ci raggiungono nella capanna. Essi sono probabilmente altri abitanti di Ugem. Non sappiamo se facciano parte della medesima famiglia, ma si mangia tutti insieme.

In attesa della cena in una capanna di Ugem, Valle del Baliem, Papua Ovest (2018). Nikon D800 – Nikon AF-S 14-24mm F/2.8 D EG. Mano libera. 24mm – 1/30sec – F/2.8 – ISO6400.
I bambini attendono la cena in una capanna di Ugem, Valle del Baliem, Papua Ovest (2018). Nikon D800 – Nikon AF-S 14-24mm F/2.8 D EG. Mano libera. 24mm – 1/30sec – F/2.8 – ISO6400.
La moglie di Simons controlla lo stato di cottura delle verdure in una capanna di Ugem, Valle del Baliem, Papua Ovest (2018). Nikon D800 – Nikon AF-S 14-24mm F/2.8 D EG. Mano libera. 24mm – 1/30sec – F/2.8 – ISO6400.
Simons serve la cena ai bambini in una capanna di Ugem, Valle del Baliem, Papua Ovest (2018). Nikon D800 – Nikon AF-S 14-24mm F/2.8 D EG. Mano libera. 24mm – 1/60sec – F/2.8 – ISO5000.
Si mangia! Ugem, Valle del Baliem, Papua Ovest (2018). Nikon D800 – Nikon AF-S 14-24mm F/2.8 D EG. Mano libera. 14mm – 1/60sec – F/2.8 – ISO6400.

Durante la cena siamo illuminati da luce artificiale proveniente da una semplice lampadina appesa al soffitto. L’energia che la alimenta è frutto del lavoro di un piccolo pannello solare posto in cima alle capanne, che permette di usufruire di qualche ora di luce.

Terminato il pasto mi improvviso infermiere, applicando acqua ossigenata e un cerotto al ginocchio della moglie di Simons, il quale presenta una brutta sbucciatura. Mi ammirano come se fossi un medico primario. Sono più o meno le 20:00 quando decidiamo di andare a dormire e ha ripreso a piovere piuttosto incessantemente. Domani ci aspetta un’altra lunga camminata fino a Yuarima e speriamo di rimanere all’asciutto!

Durante la notte mi sveglio svariate volte e in ognuna di queste non sento altro che il forte rumore della pioggia che sbatte prepotentemente contro il tetto in lamiera della casa. Ciò mi preoccupa per domani.

Fortunatamente al risveglio si sentono solo gli uccelli, inoltre in stanza non è entrata una goccia d’acqua. Ciò è di buon auspicio per l’hotel di Simons! A metà mattinata, momento della ripresa del trekking, il paesaggio si presenta così:

Ugem, Valle del Baliem, Papua Ovest (2018). Nikon D800 – Tamron SP 70-300mm f/4-5.6 Di VC USD. Mano libera. 140mm – 1/750 – F/11 – ISO 100.

 

L’obiettivo odierno è il villaggio di Yuarima, passando da Hitugi (si pronuncia “Hitughi”), per un totale di cinque o sei ore di cammino. Alla partenza si radunano gran parte degli abitanti del villaggio di Ugem per salutarci (ed osservarci, soprattutto). Fino ad Hitugi ci farà compagnia Simons, che si porta appresso delle borse a tracolla di robusto tessuto (per il trasporto delle patate, fatte a mano dalle donne del villaggio) nel tentativo di venderle ai passanti. All’inizio del tragitto, poco più avanti di Ugem, incontriamo quattro donne sedute. Simons le conosce e ci fa due chiacchiere. Notiamo che la più anziana ha una mano con sole quattro dita; una di queste infatti è senza una falange. Questo mi fa venire in mente quanto letto a casa sulle guide, e cioè che l’amputarsi le falangi delle dita era (o è) una pratica attuata dalle donne di alcune di queste tribù in conseguenza di un lutto familiare. Durante il tragitto incontriamo anche due uomini di Yuarima e un bambino, figlio di uno di loro, precisamente di quello con tante rughe sul viso e un solo dente sulla gengiva inferiore. Ci chiediamo come un uomo così vecchio possa avere un figlio così giovane, in realtà veniamo a sapere che il padre ha quarant’anni (!).

Fino a Yuarima cammineremo sulla sponda nord del fiume Mugi, affluente del Baliem, in direzione opposta alla sua corrente. Osservando il paesaggio dall’altro lato ci colpisce l’estrema verticalità delle coltivazioni di patata dolce e l’altrettanto estrema agilità con la quale gli agricoltori si muovano in esse.

Le coltivazioni di patata dolce a strapiombo a sud del fiume Mugi, Valle del Baliem, Papua Ovest (2018). Nikon D800 – Tamron SP 70-300mm f/4-5.6 Di VC USD. Mano libera. 170mm – 1/350 – F/11 – ISO 350.
Un agricoltore su pendenze estreme a sud del fiume Mugi, Valle del Baliem, Papua Ovest (2018). Nikon D800 – Tamron SP 70-300mm f/4-5.6 Di VC USD. Mano libera. 300mm – 1/350 – F/11 – ISO 200.
Il fiume Mugi, Valle del Baliem, Papua Ovest (2018). Nikon D800 – Tamron SP 70-300mm f/4-5.6 Di VC USD. Mano libera. 70mm – 1/750 – F/16 – ISO 100.

Arriviamo (distrutti) nel pomeriggio a Yuarima. All’ingresso sorge una chiesa. Tutti i villaggi più grandi ne hanno una, solitamente staccata dalle abitazioni, di struttura ampia e bassa come se fossero case più grandi. All’esterno c’è un piccolo alloggio in legno che ospita una campana. Il villaggio è situato in una stretta vallata e le case e le capanne che lo compongono sono molte e vicine fra loro ed è delimitato ad ovest da un torrente, le cui acque si gettano nel Mugi attraverso rapide e cascate. Sono presenti piccoli orti e recinti per contenere i maiali. A proposito, pensiamo che il maiale sia qui un alimento eccezionale, perché da quando siamo arrivati a Wamena non l’abbiamo ancora notato in vendita o cucinato. Probabilmente viene preservato per qualche cerimonia o ricorrenza del quale non siamo al corrente. Ovviamente qui nessuno parla o comprende l’inglese.

I due uomini e il bambino che ci hanno accompagnato fino a qui ci portano al centro del villaggio, mostrandoci il nostro alloggio. Facciamo subito la conoscenza di Nathan, un ragazzo con corti dread che sembra essere, per età (ci pare intorno ai 25) e carisma, il perfetto raccordo tra gli “anziani” e i bambini del villaggio, nonché punto di riferimento per quest’ultimi, che qui sono tantissimi! Ci colpisce, infatti, la quantità di bambini di questo villaggio, tutti rigorosamente con la tosse e il muco al naso (nella valle grandi e piccini hanno il naso che cola e non si preoccupano di pulirlo o asciugarlo. Tirano semplicemente su o nemmeno quello), che ci seguono ovunque. Alcuni tengono per mano Chiara (che accoglie) durante i nostri giri esplorativi, altri mi seguono al fiume dove ho la necessità di spogliarmi per lavarmi, radunandosi in gruppi sulle due sponde per osservare l’intera procedura, altri ancora gradiscono disegnare sul nostro taccuino, che decidiamo di lasciare lì insieme ad una penna. In particolare mi colpisce un bimbo di due anni circa che tiene per il collo un uccello morto coloratissimo come se fosse il pupazzo. Insomma a Yuarima si è circondati da un’ondata di piccole creature curiose. Yuarima per noi è il villaggio dei bimbi.

Nathan con alcuni bambini del villaggio di Yuarima, Valle del Baliem, Papua Ovest (2018). Nikon D800 – Nikon AF-S 14-24mm F/2.8 D EG. Mano libera. 24mm – 1/125sec – F/11 – ISO200.

Trascorriamo la notte qui. Come a Wamena e ad Ugem, ha piovuto senza sosta dal tramonto all’alba. Iniziamo a pensare sia una costante di questi luoghi. Prima di ripartire visitiamo i terrazzamenti per la coltivazione della patate dolce appena al di fuori del villaggio.

I terrazzamenti per la coltivazione della patata dolce a Yuarima, Valle del Baliem, Papua Ovest (2018). Nikon D800 – Nikon AF-S 14-24mm F/2.8 D EG – filtro GND 6.6″x 8.6″ SE 0.9 Fotodiox – holder WonderPana FreeArc 66 Fotodiox – cavalletto Manfrotto BeFree – Pixel T9 controllo remoto. 14mm – F/22 – 1/2000 sec. – ISO 100.

Dopodiché salutiamo Yuarima e ripartiamo. Ci spostiamo sulla sponda sud del Mugi e ci incamminiamo in direzione della sua corrente per ritornare a Kurima passando dall’altro lato. Probabilmente non riusciremo a coprire l’intero tratto oggi, dunque l’obiettivo più realistico è quello di arrivare a Syokosimo via Sykama e Sesep e trascorrervi la notte.

Un bambino di Yuarima ci accompagna verso il giusto sentiero attraverso una salita incredibile. Ci fermiamo varie volte in quanto ci mancano il fiato e le forze. Il piccolo invece sembra volare ed è gentile a sopportare tutte le nostre pause. Al termine della salita ci aspetta una bella cascata che dà su un ruscello. E’ qui che il bimbo ci saluta e ci indirizza. Lasciamo a lui qualche biscotto per ringraziarlo e ci riforniamo d’acqua prima di riprendere la marcia. D’ora in poi Il tracciato diventa via via più scosceso, stretto e pericoloso, inoltre inizia a piovere piuttosto forte, dunque la terra sta diventando fango e si scivola che è un piacere. Alla nostra sinistra campi di patate a perdita d’occhio si distendono fino alla cima delle montagne, alla destra il vuoto, colmato da sola vegetazione fitta, che cresce quasi in verticale sulla pendenza del dirupo. Da questa altezza non sentiamo più il rumore del fiume e in certe occasioni abbiamo il timore di fare un passo per paura di cadere giù, dunque ci aggrappiamo alle radici o alle piante più forti per aiutarci. Intanto i nostri abiti impermeabili incominciano a non reggere la pioggia, sempre più intensa. Alcuni tratti attraversano vere e proprie giungle “d’altitudine”.

La fitta vegetazione che circonda il sentiero a sud del fiume Mugi, Valle del Baliem, Papua Ovest (2018). Nikon D800 – Nikon AF-S 14-24mm F/2.8 D EG. Mano libera. 14mm – 1/500sec – F/22 – ISO100.

I miei piedi sono inzuppati, anche per via dell’acqua raccolta dalle erbacce ai bordi del sentiero, che queste rilasciano sui miei pantaloni al passaggio. Cessiamo di goderci il paesaggio. I nostri occhi guardano a terra e le nostre menti sono concentrate allo scopo di arrivare in sicurezza al prossimo villaggio. In più siamo a corto di cibo; ci rimangono solo un mango, un pacco di biscotti e due Sprite. A Yuarima, infatti non ci è stato possibile rifornirci d’altro se non biscotti. Tuttavia di tanto in tanto la strada si apre un po’, dandoci l’opportunità di posare gli zaini e osservare lo scenario.

Lo scenario visibile dalla sponda sud del fiume Mugi, prima di Sykama, Valle del Baliem, Papua Ovest (2018). Nikon D800 – Nikon AF-S 14-24mm F/2.8 D EG. Mano libera. 14mm – 1/750sec – F/22 – ISO100.

Passiamo per il piccolo villaggio di Sykama, dove consumiamo le ultime scorte di cibo. Successivamente arriviamo ad una specie di altopiano, dove un ragazzo ci offre alloggio nella propria casa, ma decidiamo di proseguire in quanto il tramonto è ancora lontano. Intanto il cielo si sta aprendo e da qui si gode di una vista spettacolare sulla valle.

Lo straordinario panorama visibile dai pressi di Sykama, Valle del Baliem, Papua Ovest (2018). Nikon D800 – Nikon AF-S 14-24mm F/2.8 D EG. Mano libera. 24mm – 1/3000sec – F/22 – ISO100.

Iniziamo poi a scendere di quota. Il sentiero, a serpentina, ha la stessa pendenza di quello di stamane, con la sola differenza che lo affrontiamo in discesa, dunque ancor più pericoloso e sfiancante mentalmente. A metà pomeriggio approdiamo finalmente a Sesep, che sappiamo essere il villaggio più prossimo a Syokosimo, che però si trova a valle, in prossimità del Mugi. Qui ci accolgono varie persone e la signora più anziana prova a venderci delle banane, che qui sono piccole e dolcissime. Noi non vediamo banane dalle Raja Ampat, dunque accettiamo senza quasi pensarci, acquistandone due caschi per pochi soldi. Da Sesep a Syokosimo è di nuovo tutta discesa a pendenze disumane. In quest’ultimo tratto ci fa compagnia un gruppo di bambini di Sesep, che ride nel vederci scendere goffamente, ma, sarà la stanchezza, sarà il peso portato sulle spalle, il percorso ci pare di una difficoltà immensa. Per di più sembra non finire mai! Finalmente ad un certo punto ricominciamo ad udire il suono del Mugi e il nostro stato d’animo migliora. Siamo vicini. In effetti, una volta a valle i bimbi ci salutano e ritornano a Sesep come se niente fosse; noi proseguiamo ancora un po’ e arriviamo a Syokosimo che è quasi buio.

Siamo esausti, completamente bagnati e ricoperti in gran parte di fango. Ci accoglie Septimus, il capo villaggio, che ordina subito ai figli di recarsi al fiume a lavarci le scarpe. Successivamente calze e scarpe vengono messe sul soffitto della capanna principale, nella speranza che il fuoco riesca ad asciugarle entro domani. Siamo talmente stremati che dopo aver mangiato qualcosa ci fiondiamo immediatamente nei sacchi a pelo. Sono più o meno le 19:00. Chiara per di più ha la febbre ed ha paura che siano i sintomi della malaria. Durante il nostro viaggio abbiamo incontrato zanzare pari quasi allo zero, ciò nonostante è stata punta un paio di volte.

Dopo l’ennesima nottata piovosa ci alziamo dalle stuoie molto presto, vogliosi di terminare oggi il trekking. La fatica inizia ad accumularsi e il fatto che il cibo sia scarso (anche nei villaggi) ci rende un poco nervosi. Paghiamo a Septimus l’alloggio (circa 120000 rupie, più o meno 8 euro), salutiamo lui e i familiari e ripartiamo per Kurima, da dove la camminata è iniziata, a conclusione del cerchio. Septimus ci avverte che il ponte di Wesangma, villaggio ad ovest di Syokosimo dal quale vorremmo attraversare nuovamente il Mugi, è crollato, dunque ci consiglia di utilizzarne un altro non lontano da qui, per arrivare a Wesangma dalla sponda nord del fiume.

Il ponte sospeso sul fiume Mugi nei pressi di Syokosimo, Valle del Baliem, Papua Ovest (2018). Nikon D800 – Nikon AF-S 14-24mm F/2.8 D EG. Mano libera. 14mm – 1/500sec – F/11 – ISO100.

Una volta dall’altra parte siamo nuovamente sulla sponda nord del Mugi. Da qui a Kurima non dovremmo attraversare altri fiumi, a parte il Baliem, sul finale, tramite lo stesso ponte di tre giorni fa.

Chiara è ancora febbricitante, ma non vuole fermarsi; anche lei, come me, vuole finire il trekking oggi e possibilmente dormire in un letto stanotte (quello del lurido hotel di Wamena a questo punto andrebbe benissimo!). Seguendo il percorso indicatoci da Septimus arriviamo senza particolari problemi a Wesangma, grande villaggio sull’intersezione tra Baliem e Mugi. Proseguiamo quindi in direzione nord, direzione Kurima, seguendo nuovamente la sponda est del Baliem. Non è lo stesso sentiero dell’andata, che rimpiangiamo fin da subito. Senza dubbio il tratto più pericoloso incontrato fin ora, abbiamo serie difficoltà a procedere in questa via di fango e radici, strettissima e per di più obliqua! E’ come se stessimo facendo il giro di una casa camminando sul suo tetto: tendiamo a cadere giù e in questo caso lì giù c’è uno strapiombo. Tutto ciò, unito al nervosismo per il pensiero di non essere sicuri sia la strada giusta e il fatto che siamo a corto d’acqua, ci fa perdere lucidità ed equilibrio, inoltre ci fa correre nella speranza che sbuchi un villaggio al più presto. Nulla. Continuiamo a testa bassa, ma non siamo tranquilli, fino a che non notiamo sopra di noi, in lontananza, i villaggi da cui siamo passati all’andata. Dunque la direzione è giusta, siamo solo qualche decina di metri al di sotto del tracciato principale. Questo ci quieta un poco e ci permette di fare anche una sosta, in cui beviamo le ultime due dita d’acqua e la Sprite che ci è rimasta, ma non ci basta. Camminiamo da almeno sei ore, siamo stanchi ed abbiamo sete. Intanto il sole picchia forte sulle nostre teste. Riprendiamo il cammino e circa mezz’ora dopo arriviamo ai campi di quello che pare il villaggio di Seima, nella sua parte sud. Chiediamo disperatamente acqua (“air” in bahasa) alle donne impegnante al lavoro, ma non ci danno troppo retta, finché una di loro ci fa sapere che possiamo trovare dell’acqua al fiume Baliem. Il problema è arrivarci, in quanto è molto sotto. Seguiamo una ragazza in possesso di un contenitore che sta percorrendo una ripida discesa. Dopo una decina di tornanti arriviamo a quella che si può definire un’oasi. Un specie di grotta dalle cui pareti fuoriesce una cascata di acqua limpida e fresca. Noi esultiamo letteralmente e riempiamo immediatamente le borracce. Il fatto di essere ritornati in possesso dell’acqua ripristina magicamente il nostro stato psicofisico e ci dà la spinta per riprendere a camminare ed arrivare a questa benedetta Kurima, la quale è più vicina di quanto pensassimo.

L’arrivo a Kurima e la fine del nostro trekking, Valle del Baliem, Papua Ovest (2018). Nikon D800 – Tamron SP 70-300mm f/4-5.6 Di VC USD. Mano libera. 80mm – 1/250 – F/4.8 – ISO 160.

Arrivati a Kurima non è finita. Ora, infatti, dobbiamo preoccuparci di trovare un mezzo che ci riporti a Wamena entro sera e ora sono le tre del pomeriggio. Ci indicano la stazione dei bemo fuori città. Ci andiamo. Questa specie di frontiera, appena prima del fiume che quattro giorni fa abbiamo attraversato a piedi nudi, è uno dei frammenti di Papua più lerci che abbiamo visto. Decine di persone attendono un mezzo per Wamena, circondati da alcune bancarelle che servono tutte la stessa cosa (noodle e caramelle), con cani e maiali che rovistano energicamente nella consistente spazzatura ai bordi della strada. Mangiamo immediatamente tantissimi noodle in quanto super affamati, dopodiché scopriamo che i bemo (ovviamente) non possono attraversare il fiume, dunque l’unico modo per farlo è su un camion da lavori edili, che in questo caso è una specie di carro armato, con le ruote alte un metro e mezzo e un cassone sabbioso dietro. Il cassone serve per trasportare le persone e il viaggio non si paga. Accettiamo il passaggio. Si ritorna a Wamena! Capiamo subito perché è gratis e scopriamo anche il motivo del perché il tizio che lo guida ci consiglia di aggrapparci a qualcosa…

Tragitto Kurima – Wamena, Valle del Baliem, Papua Ovest (2018). Nikon D800 – Nikon AF-S 14-24mm F/2.8 D EG. Mano (non troppo) libera.

Il fuori fuoco e il mosso non sono voluti.

 

Grazie per la visita e la lettura. Apprezzamenti, commenti e condivisioni sono graditi. Ciao e a presto!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Author: Marco Zaffignani

5 thoughts on “Viaggio a Papua Ovest. La Valle del Baliem

    1. Che velocità! 😀 Grazie per il commento e per aver letto l’articolo. Spero possa esserti utile un giorno. Ciao!

  1. Ciao, complimenti per il viaggio, vorrei farlo anche io e mi stavo domandando se fosse indispensabile avere una guida oppure no ma leggendo il tuo articolo mi son deciso a far senza come voi. Foto strepitose.

    1. Ciao Alessandro, grazie per il commento e scusa se leggo solo ora. Allora, dipende, se non ti addentri troppo nella valle, come noi, la guida non serve assolutamente, altrimenti é meglio pensarci. Potresti comunque affidarti a qualche abitante dei villaggi che incontri, sono grandi camminatori e in fondo che più di loro conosce il territorio?
      Diverso, invece, se decidi di visitare popoli più remoti come i korowai (gli uomini che vivono sugli alberi), dove servono settimane di cammino o viaggi in charter.
      Grazie e rimango a disposizione qualora avessi bisogno.
      PS: se decidessi di andare mi piacerebbe proporti di consegnare una di queste foto a quelle persone 😉 vabbe semmai ne riparliamo.
      Ciao!
      Marco

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