Non fatevi ingannare, tutte le immagini di questo articolo sono a colori, anche se per accorgersene bisogna osservarle molto bene. Pensate a quanto strano dev’essere se ad assumere tali tinte è tutto ciò che ci circonda. Mi è capitato pochi giorni fa al Passo del Penice, tra le province di Pavia e Piacenza.
Giovedì 22 febbraio. Mi attendono due giorni di stacco dal lavoro e almeno uno voglio dedicarlo alla fotografia. Do un occhio al meteo e noto che da oggi le temperature saranno rigide e nevicherà a partire dai 400 metri di altitudine. Parto dunque per la Val Trebbia, non troppo distante da casa, con l’idea di passare lì la notte e immortalare qualche paesaggio condito di neve fresca. Arrivo a Bobbio nel pomeriggio. Piove. Le colline circostanti, però, sono bianche da metà in su… Vado!
Prendo la strada che da Bobbio porta al Passo del Penice (dove sono sicuro vi sia neve a volontà) e bastano due chilometri di tornanti a salire che sembra di stare in un altro mondo; è incredibile come la neve trasformi il paesaggio, coprendone le imperfezioni e accentuandone le forme. Qui, la neve, che il vento spinge su campi e praterie tramite continui e repentini cambi di direzione, sta attaccando pure sugli alberi e oggetti verticali come muretti e cartelli. L’unica cosa a non essere bianca è la strada, fino a qui piuttosto pulita; si intravede infatti il grigio dell’asfalto. Ma ancora per poco… Nn faccio in tempo a godermi la foschia densa che mi circonda e il bosco di conifere interamente ghiacciato alla mia destra, che la Duster inizia a sbandare. Sto andando piano, ma la neve inizia ad essere troppa e troppo fresca; dovrò rimandare l’arrivo al Penice a domani, sperando che il percorso sia un po’ più “battuto”.
Fermo quindi l’auto e approfitto per fare un giro a piedi nel bosco. L’atmosfera è fiabesca, ma non trovo nessuno spunto per una buona fotografia. Mi godo il luogo e i pochi rumori, come la neve che ogni tanto casca dai rami appesantiti o il cinguettio di alcuni uccelli che oggi non riescono proprio a mimetizzarsi, dopodiché rientro a Bobbio per trascorrervi la notte.
A Bobbio piove ancora. Parcheggio l’auto in una piazzola poco illuminata e cerco un posto per mangiare. Lo trovo: un albergo-ristorante con cucina tipica piacentina e personale dell’est, forse anche il cuoco, chi lo sa… Mangio molto ed esagero col vino, allo scopo di addormentarmi in fretta più tardi, in auto. Già, non vedo l’ora che sia domani, impaziente di scattare qualche bella fotografia. Una volta in macchina abbasso lo schienale, rimango vestito e mi copro col sacco a pelo; non fa molto freddo, dovrebbe bastare. Buonanotte.
Venerdì 23 febbraio. Trascorsa una nottata di risvegli frequenti, attendo che vi sia un po’ di luce per uscire dall’auto e bere un cappuccio al bar davanti al quale ho parcheggiato. Non mangio nulla, lo stomaco è ancora pieno da ieri. Approfitto del bagno per sciacquarmi la faccia, dopodiché riparto, curioso di vedere se la strada di ieri è diventata accessibile. Lo è.
Con molta cautela percorro i 10 km che mi separano dal Passo del Penice. Guidare con calma mi aiuta ad osservare con più attenzione ciò che passa dai finestrini. Nel frattempo non incontro nessun altro. Nevica dolcemente e tra le frequenti curve incontro banchi di nebbia bianca, che si muovono lentamente spinte dal vento. Tra un banco e l’altro si intravede un cielo grigio chiaro, piuttosto luminoso, e noto che la neve appoggiata sugli alberi è sempre di più e sembra sia lì da molto tempo. Gli aghi delle conifere sono ghiacciati e il contrasto di colore che questi hanno con le cortecce fa sí che il paesaggio mi si presenti così:
D’ora in poi sarà tutto in queste tonalità. Dopo alcuni chilometri, passato da poco il cartello che indica “Passo del Penice”, arrivo a quello che è il suo fulcro turistico; qui c’è un grande spiazzo, che funge da parcheggio e ospita un paio d’auto e un trattore spalaneve, poi vedo un hotel, l’ingresso alla pista da scii e un bar-ristorante. Noto che quest’ultimo è aperto, nonostante non vi sia anima viva nei dintorni; probabilmente si aspettano qualcuno per pranzo. Ovviamente tutto quanto elencato è innevato e i fiocchi continuano a cadere. Comunque sia non mi fermo, preferendo proseguire in direzione di Menconico, una specie di avamposto ventoso ad 1.5 km di discesa dal Passo del Penice, che segna il confine tra le province di Piacenza e Pavia. A Menconico le foreste ai lati della strada spariscono e si intravedono alcuni tratti delle valli sottostanti. La mancata protezione degli alberi, però, fa sì che oggi tiri un vento incredibile; ne sento il suono da dentro l’auto, amplificato dalla carrozzeria. Il termometro intanto segna -8°. Accosto ed esco dalla macchina, attento che la portiera non voli via, per godermi questo clima inospitale. Mi piace. Passeggio dando qualche occhiata a valle, ma la visibilità è ridotta. Rimango invece colpito da un grosso cespuglio su una collinetta, interamente congelato, come la famiglia di conifere alle sue spalle; il tutto immerso nella bufera, che rende il paesaggio surreale.
Mi rimetto in auto e ritorno da dove sono venuto. Durante il tragitto, infatti, avevo avuto qualche spunto.
Percorro sì e no 500 metri e decido di accostare per guardarmi meglio intorno, non mi accorgo peró che la neve su cui poggio con le ruote di destra, nasconde un fossetto profondo almeno 30 centimetri, nel quale la Duster si accascia, di fatto bloccandomi in mezzo al nulla. Ho bisogno che qualcuno mi tiri fuori. Mi viene subito in mente il bar, che per fortuna non dista molto. Porto con me l’essenziale e mi incammino, nella speranza di trovare qualcuno ben disposto. A metà strada percepisco in lontananza il suono di un motore (il primo da stamane) provenire alle mie spalle. Mi fermo, mi volto e attendo che qualcosa sbuchi dalle curve. È un furgone che trasporta surgelati (buffo no?). Faccio segno al conducente di accostare e gli spiego l’accaduto; lui non tarda ad aiutarmi. Mi dà un passaggio fino al bar, dove contatta un cliente, che è anche il proprietario del trattore nel parcheggio (l’unico mezzo in grado di tirarmi fuori dal fossetto), fissandomi di fatto un incontro con lui, mezz’ora dopo. Il ragazzo si limita a farmi sapere che ha la barba bianca. Ringrazio e saluto l’autista del furgone e attendo il signore del trattore, approfittando per fare un giro nei dintorni. L’attesa mi permette di scovare questo scorcio, che ben racconta l’atmosfera del luogo.
Notate le straordinarie texture dei tronchi innevati in primo piano.
La visuale da questo punto rialzato mi piace moltissimo, ma è ora che ritorni nei pressi del bar, in modo da rendermi visibile alla persona che aspetto, quando arriverà. Attendo altri dieci minuti, dopodiché vedo arrivare un furgone giallo a tutta velocità. Chi lo guida ha la barba bianca. È lui. Mi accorgo anche che il trattore, il suo trattore, è in movimento nel parcheggio, intento a spostare grossi mucchi di neve con la pala anteriore. Ma chi lo sta manovrando, mi chiedo, se il proprietario è qui di fronte a me?
Scopro essere suo padre, un arzillo ottantacinquenne, il quale, dice il figlio, non ha nessuna intenzione di smettere di ripulire le strade dalla neve, come da 60 anni a questa parte. Ed è proprio questo anziano signore a raggiungere con il mezzo la mia auto e a riportarla al centro della carreggiata.
Una volta che la Duster è ripristinata riparto per Bobbio, con l’intenzione di proseguire poi verso casa. Non faccio in tempo a scendere a valle che qualcosa cattura la mia attenzione: una mandria di bovini di colore nero al pascolo in un campo totalmente innevato. E’ inoltre in atto una vera e propria bufera di neve. Immaginate il colpo d’occhio! Scendo immediatamente dall’auto e scatto un po’ di foto ai bovini in questo ambiente inconsueto. Vi propongo questa, un po’ sovraesposta, il che non mi dispiace affatto. Notate come la neve che cade orizzontalmente sia percepibile solo nelle zone di contrasto con il corpo degli animali.
Felice per il momento catturato, proseguo verso casa.
Grazie per la visita. Apprezzamenti, commenti e condivisioni sono graditi. A presto!